giovedì 12 marzo 2009
La perdita
Il sentimento del dolore si sviluppa in genere associato a situazioni di mancanza e disillusione – un abbandono, una separazione, un tradimento, un lutto, un rifiuto, un cambiamento di vita interno o esterno – e ha in sé un duplice contenuto, di provazione e di rinnovamento: occorre lasciare andare qualcosa di vecchio a cui, pur nella sua complessità, si era abituati, per consentire l’ingresso al nuovo, allo sconosciuto, all’imprevedibile.
Non è facile trovare le parole per descrivere le sensazioni che l’esperienza del dolore provoca poiché in genere, anziché ascoltarlo e dargli spazio per comprenderne il significato, tentiamo di resistergli, contrastarlo, allontanarlo: siamo diffidenti verso questo sentimento violento e incontenibile e facciamo scudo per non sentirci sconvolti.
Fin dalla nascita sappiamo che il dolore è parte della vita umana, ma non riuscendo ad accettare l’evidenza, ogni volta si rinnova in noi la paura: temiamo di non trovare più nulla di buono per la nostra vita, lasciandoci sfuggire qualcosa di molto importante: il coraggio di guardare in faccia la realtà, di accoglierla per quella che è.
Poche emozioni ricordano così da vicino la morte. Ogni volta che si abbandona qualcosa o si percepisce una fine, l’ansia non è solo la perdita in se stessa, ma l’improvvisa consapevolezza dei nostri limiti umani in contrasto alle più folli idee di onnipotenza. La coscienza che tutto cambia e finisce muta il valore del tempo: il presente diventa un bene prezioso mentre le proiezioni e le apsettative per il futuro diminuiscono d’intensità.
Elaborare un lutto significa accettare la realtà della perdita e il sentimento di dolore struggente sino a quando qualcosa internamente si muove e si modfica, l’angoscia cala d’intensità e l’interesse a essere presenti nella vita si riaffaccia.
Quando ci si trova, per qualsiasi motivo, a dover dire addio a una persona amata, è importante esprimere pensieri e sentimenti rimossi, difficili, incerti, sospesi, poiché è impossibile congedarsi veramente da qualcuno se non liberandosi del peso delle cose non dette.
Quando una relazione ha avuto un particolare significato, una speciale ricchezza, avendo attinto a qualità mai sperimentate prima, la disperazione per la perdita è talmente forte da sembrare intollerabile: per chiudere con questa persona e sciogliere il contrasto fra il desiderio e il rancore è indispensabile riconoscere le peculiarità in lei o in lui tanto amate, ringraziarla per quanto ricevuto e puntare con forza a fare nostre quelle doti, ritrovandole in noi stessi come potenzialità, aspirazioni, risorse.
La capacità di sopportare il dolore e tollerare la mancanza rivelano forza di carattere e fiducia in se stessi: se un bambino potesse maturare queste qualità nell’infanzia, sperimentando il distacco dalla mamma sentendosi allo stesso tempo sostenuto e protetto, da adulto affronterebbe le situazioni di lutto e abbandono con meno difficoltà.
Quando un legame si spezza, le persone sono costrette a entrare in contatto con la solitudine, la mancanza, i fantasmi e le angosce ancestrali, ma sfuggire l’esperienza del vuoto, frastornandosi di persone e cose, non risolve, anzi aggrava, il malessere, poiché avere accanto persone con cui non vi è affinità alimenta la sensazione di solitudine, così come fare cose non corrispondenti alle proprie necessità aumenta il senso di incapacità: ogni risoluzione di fuga sembra sterile e inefficaca a dare sollievo.
Da un lato è vitale instaurare legami intimi e profondi perché hanno il potere di sconvolgere la monotonia, nutrire l’anima e dare senso all’esistenza: dall’altro è indispensabile accettare la solitudine per trovare forza nella propria individualità e favorire il flusso creativo.
tratto da “La relazione che cura” di Margherita Biavati -
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