giovedì 20 dicembre 2007

Confini


Noto con dispiacere che i giornali e la rete non danno all’evento storico odierno tanto spazio quanto meriterebbe: la caduta dei confini tra Italia e Slovenia. Non si tratta semplicemente dell’ingresso nell’area Schengen di un Paese economicamente rafforzatosi e competitivo.
Si tratta di tornare indietro di un secolo e mezzo quando si iniziò a parlare di “panslavismo” tra popolazioni croate, serbe e slovene, di rivangare l’origine degli scontri ideologici, culturali, e non solo, tra italiani e slavi. Significa rinominare la parola "cortina di ferro" e tutto ciò che implica.
Significa tornare indietro di 60 anni, l’esodo che portò circa 300.000 esuli (ma il numero è imprecisato) ad abbandonare proprietà, terre, e valori. Mia nonna è nata in Istria, e fece parte di quel numero imprecisato che, tra il ’43 e il ’47 soprattutto, lasciò tutto e si stabilì in territorio italiano. Rimando a Wikipedia per chi voglia approfondire.
Trieste città ricca perché multietnica e multiculturale, che ha sofferto molto in passato per mancanza di identità e per le difficoltà legate ad un confine così "difficile", da stasera a sabato sarà teatro con Gorizia di una serie di festeggiamenti per l’evento: convegni, ma anche concerti, birra e balli. Pur essendo entusiasta della nuova Europa, per le opportunità commerciali e culturali che offre, ritengo che una festa di questo tipo sia innanzitutto esageratemente ottimistica, perché non si possono negare i problemi di integrazione e di sicurezza che ciò comporterà. E ritengo che sia ancor più poco rispettosa del dolore che comunque ancora si respira tra numerosi cittadini triestini, e non solo.

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